Sui social dilagano da qualche tempo video e post che affrontano il tema del narcisismo patologico.

Ovverosia quel tratto di personalità in cui l’individuo è concentrato a esaltare e sostenere un’immagine grandiosa di sé stesso.

Un continuo rinforzo al proprio ego, che nel profondo, invece, è assai fragile.

E lo fa a discapito del prossimo, a cui infligge svalutazioni e giochi di dominio psicologico, alternando a queste modalità malsane momenti di grandi attenzioni e manifestazioni affettive.

Un meccanismo manipolatorio che crea dipendenza per le forti emozioni che suscita.

La vittima, infatti, prova momenti di grande piacere e momenti di grande dolore, momenti di amore idealizzato per il carnefice, e momenti di odio e disperazione…

E, come nel caso della tossicodipendenza, nei momenti di sconforto e malessere diventa disposto a tutto per ottenere dal carnefice brevi momenti di intimità e di affetto.

Si attiva un meccanismo di dipendenza affettiva che il narcisista sfrutta sapientemente finché può.

Tuttavia, quando la vittima riesce a ritrovare una dose di amore per sé stessa e comincia a cascare meno nelle trappole psicologiche del carnefice, questi velocemente la abbandona per inseguire una nuova potenziale fonte di rinforzi al proprio ego, cui infliggere lo stesso gioco da capo.

C’è da chiedersi, dunque, come mai negli ultimi tempi si sia cominciato a parlarne tanto.

In primis, sicuramente perché in una società come quella attuale in cu non viene coltivata l’empatia ma, al contrario, l’individualismo sfrenato e la competizione questo tratto si è diffuso in modo maggiore rispetto ad altri periodi.

Viviamo, inoltre, in un periodo di incertezza sociale, economica e relazionale, per cui si è diventati più sensibili a certi temi. Si vuole, cioè, maggiormente capire quali siano le dinamiche relazionali disfunzionali che si incontrano al giorno d’oggi.

E, inoltre, perché molti pazienti non vengono in terapia per modificare sé stessi, ma per trovare sollievo e colpevoli esterni.

Scoprire di essere stata/o vittima di un/a narcisista patologico permette di scaricare tutte le responsabilità, o comunque la grande parte, su di esso/a.

Quando nella nostra narrazione interna siamo le vittime innocenti o gli eroi che hanno avuto a che fare col mostro, la nostra psiche si sente soddisfatta e stiamo meglio.

E in questo modo alcuni terapeuti ottengono in modo rapido un miglioramento dell’umore del paziente.

Tuttavia un bravo terapeuta dovrebbe rendere consapevole il paziente non solo del fatto che ha avuto a che fare con un narcisista grave, e con quali metodi manipolatori ha esercitato potere su di lui/lei

Non solo aiutare a trovare controrisposte adeguate qualora ci si ritrovi nuovamente a che fare con questo tipo di individui.

Dovrebbe anche mettere il focus sulle debolezze e i bisogni insoddisfatti interni all’individuo per cui è caduto nella trappola.

Insomma, porre il focus non solo su quanto sia stato colpevole il narcisista, ma anche sul perché il paziente sia diventato una sua vittima, dato che i narcisisti patologici tendono a scegliere individui che percepiscono essere adatte ad entrare nel ruolo di vittima.

In questo modo, la terapia non insegna solo a riconoscere e a proteggersi dal narcisista, ma anche promuove un miglioramento profondo del richiedente aiuto.

Ma poiché mettersi realmente in discussione costa fatica e significa avere il coraggio di guardare in faccia ciò che non ci piace di noi stessi, e non tutti i pazienti sono disposti a farlo, allora puntare sulla colpevolezza assoluta del narcisista diventa una via comoda per paziente e terapeuta.

Questa disposizione a mettersi in discussione e fronteggiare i propri limiti, oltre quelli altrui, ci riconduce all’ Apollineo “Conosci Te stesso”.

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